Se c'è una cosa che mi ha sempre affascinata, è la differenza tra sesso e genere.
Il sesso riguarda le differenze biologiche ed anatomiche tra maschio e femmina, il corredo cromosomico, la forma dell’apparato sessuale. Il genere invece è un processo di costruzione sociale e culturale, ed indica la rappresentazione, la definizione e l’incentivazione di quei comportamenti che danno vita allo status di uomo/donna. Il genere dunque è appreso, e comporta una serie di scelte. Alcune di queste scelte ci sembrano semplici e libere: le donne decidono quasi quotidianamente se indossare gonna o pantaloni, ad esempio. Altre decisioni neppure le prendiamo in considerazione, tanto diamo per scontato certe “regole”: anche se la legge non lo vieta, nessun uomo italiano si chiede “gonna o pantaloni oggi?”.
Riassumendo: io sono una donna, esattamente come quasi altri 4 miliardi di persone al mondo. Ma come scelgo di esprimere il mio essere donna è qualcosa di unico; un insieme dei miei bisogni, aspettative, rappresentazioni e ideali della femminilità, che mi sono costruita sulla base del mio carattere, della mia storia, della mia società, e delle persone con cui mi sono relazionata.
Perché questa premessa? Perché mi piace pensare che per le relazioni affettive sia lo stesso.

Proviamo ad immaginare che l’equivalente del nostro sesso (cioè ciò che "geneticamente siamo") sia il definirsi etero/omo/bisessuali, ma anche attivi o passivi, poliamorosi o monogami, e tutto quello che ci volete mettere in mezzo; e immaginiamo che l'equivalente del genere siano tutte le scelte comportamentali che attuiamo nelle nostre relazioni.
Ad esempio, tre persone bisex potrebbero vivere la loro sessualità in maniera diversissima: chi ha rapporti con un uomo o una donna alla volta, indifferentemente; ma c'è anche chi ha bisogno di avere un uomo e una donna nella stessa relazione, per sentirsi appagat*; o perché no? dividere i bisogni e fare sesso con gli uomini e avviare relazioni affettive con le donne, ad esempio. Voglio dire: dove sta scritto come debba gestire le sue relazioni una persona bisessuale? Ma più in generale: dove sta scritto come si debbano gestire le relazioni di qualsiasi tipo?
La gelosia ad esempio (grande tematica) non ha lo stesso ruolo in tutte le coppie, e viene gestita in tanti modi quanti sono gli esseri viventi sul pianeta. In alcune relazioni vige il semplice patto “puoi avere tutt* le/gli amic* che vuoi, basta che non ci vai a letto”; ma in certe coppie anche il solo rapporto amicale con persone di sesso opposto rappresenta una situazione da evitare, pericolosa e “di cattivo gusto”. Quindi? Dove sta scritta la regola sulla gelosia? 
Da nessuna parte. Eppure certi ruoli e comportamenti sono così consolidati in noi che è difficile modificarli, o metterli in discussione. Ma si può. Eccome se si può.
Per me la regola aurea è questa: basta che funzioni.
Sì, come il film di Woody Allen. E no, non lo dico per semplificare la questione. Basta che funzioni: nella coppia, nella triade, nel quartetto, nel gruppo familiare, amicale o sociale che sia. La gelosia, le comunicazioni interne ed esterne, la frequenza dei rapporti sessuali, la gestione dei contatti: tutto può essere negoziato. Abbandonare il concetto di ciò che è giusto o sbagliato, e pensare a cosa è buono o non buono per noi e i nostri partner, può essere molto liberatorio. E magari aiuterebbe a trovare compromessi che spesso sono lì, davanti ai nostri occhi; ma non li vediamo per imposizioni sociali che non sanno nulla dei nostri bisogni.
Si può essere intimamente radical honesty, ma magari si scopre che quella non è la modalità comunicativa migliore per i partner attuali. Si può essere profondamente tribal, ma magari riunire proprio quei metamori sotto lo stesso tetto non è il massimo. O ancora: con un partner posso aver bisogno di più rassicurazioni, se instaura altre relazioni, e con quell'altro partner ne ho meno bisogno... non c'è un modello valido o "giusto" in modo perenne e assoluto. 
Muoversi senza modelli di riferimento è molto dura, perché avere norme sociali ben definite ci semplifica la vita e alleggerisce il cervello; ma ci ingabbia anche quando meno ce lo aspettiamo, quando non contempliamo neppure che si “possa fare diversamente”. Ed ecco che si cerca di modificare i propri bisogni perché si vuole raggiungere l’ideale esterno di comportamento, che ci hanno inculcato essere buono e giusto. Per tutti. Universalmente.
Personalmente, ho deciso che da oggi in poi voglio semplicemente chiedere a me stessa e ai miei partner quali sono gli obiettivi delle nostre relazioni, e cosa ci serva per raggiungerli e stare bene. Non mi interessa altro. Le decisioni giuste e sbagliate le lascio a casa.



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