Mio padre mi ha fatto un discorso illuminante, qualche tempo fa.
Tutto il gruppo poly era miracolosamente radunato a Bologna, e con la scusa di riunioni redazionali e scemenze varie ne abbiamo approfittato per celebrare il vero scopo del ritrovo: mangiare e bere con amici e amiche che di solito sono a Roma, Milano, Napoli o in vari angoli della Penisola. Mio padre, saputa della nostra cena, mi ha chiesto in quanti fossimo. Io, un po' sorpresa, gli ho risposto 21 persone. E lui:
-Ah, 21? Solo 7 coppie?

Preciso che non ho un padre con l'alzheimer sulle tabelline. Quindi, intuendo una sua battuta, non gli ho fatto notare che casomai saremmo state 7 triadi; l'ho solo informato che in quel gruppo ci sono molteplici relazioni: coppie aperte, triadi, quartetti, gruppi familiari, single...
E lui:
-Sì vabbè, ma sottigliezze a parte, le triadi alla fine sono la "coppia" dei poliamorosi, sù.
Eccola là, la battutona.
-E quelli che sono in più di tre, come li chiamiamo allora?
Lui, senza battere ciglio:
-Esuberanti!
-E le coppie? Guarda che ci sono anche quelle... Come le definisci, nel tuo glossario?
-Quelli? Ah, quelli sono i corti.

Quella che inizialmente era simpatica ironia, si è trasformata pian piano in me in una provocazione davvero interessante: in un'ottica di avvicinamento al concetto di "normalità" - ovvero di cosa ormai nota, assodata, non deviante dal banale e dal conosciuto - possiamo davvero concepire le triadi poliamorose come delle coppie monogame?
E le coppie, in questa ipotetica società poli, sarebbero viste come dei "corti"? Degli esseri monchi, a cui manca un pezzo per essere (e ridaje) normaliIl canone del 3 (o del 4, del 5, ...) rischia di diventare la nuova norma? Un nuovo imperativo? Forse diverso, sì: ma fondamentalmente impositivo tanto quanto il 2?
Ho fatto un pochino di autocritica. Forse a volte il rischio di scivolare nell'auto-convincimento di essere "nel giusto" potrebbe esserci. Quando sei una minoranza, e lotti per affermare il tuo diritto di esistenza e di riconoscimento, c'è questo pericolo. Intendo quello di alzare talmente tante difese sul proprio modello, e di fare così tanti attacchi a tutto ciò che è "la maggioranza", che poi si perde il desiderio iniziale: essere semplicemente liberi e libere.
Libertà di essere ciò che ci fa stare meglio; di vivere - ciascuno e ciascuna - come più ci aggrada; di essere tutt* divers*, ma tutt* comunque nel giusto.
Sembra un concetto banale? Eppure ho visto molte persone con relazioni poliamorose così stanche di sentirsi dire "tu non hai mai conosciuto davvero l'amore", che hanno cominciato ad attaccare anche chi - in due e con la monogamia - ci vive bene sul serio, e ha scelto consapevolmente che tipo di relazioni avviare. Capisco la fatica di mantenersi orgoglios* del proprio stile di vita, ma non discriminanti verso chi - in altri contesti - ci ha discriminat* a sua volta. Ma in società non si deve per forza convivere come gruppi rivali. Per fortuna non dobbiamo muoverci nella filosofia mors tua vita mea, quindi nessun* deve convertire nessun*. Il mio modo di vivere non è più giusto di quello di chi è monogama/o e felice, ma neppure di chi è monogama/o e infelice, e nemmeno di chi decide di avere 200 partner occasionali al mese.
Questo concetto lo difenderò fino allo sfinimento, perché non voglio vivere in un mondo dove possano esserci "corti", "lunghi", "esuberanti", "normali" o "anormali". Vogliamo sul serio un mondo dove le minoranze diventano maggioranza, e continuano a schiacciare chi è in inferiorità numerica? Vogliamo davvero che altre persone, diverse da noi, ci dicano cosa è giusto per noi? Vogliamo davvero che il 3 diventi "il nuovo 2"?
Non diamo i numeri, sù.




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