1 dicembre: giornata mondiale contro l'AIDS.

Dal 1981, oltre 25 milioni di persone sono state uccise da quest'epidemia incurabile. 

La medicina va avanti, i progressi ci sono sempre; ma ancora oggi l'unico modo per fermare davvero quest'infezione è tutelare se stessi e i/le propr* partner con azioni preventive.
Bastano pochi gesti: usare i profilattici e fare i test per il controllo delle malattie veneree (anche se pensate non vi servano! è una routine, al pari del dentista o del ginecolog*/androlog*). 
E poi amatevi. Questa forse è l'unica cosa davvero importante da tenere a mente. 
Se amate voi stess* e le persone che vi stanno accanto, vi prenderete di certo cura di voi e loro; e basta così poco!

Amate l'amore! Non la malattia ;)
 
Quando ci si trova davanti a un ostacolo, cosa si tende a fare? Saltarlo, aggirarlo, abbatterlo, distruggerlo?
Tutte ottime risposte se… non siete poliamoros*!
Già, perché lo sport preferito delle persone con relazioni poli, sembra proprio essere quello di abbracciare gli ostacoli della vita.
Trovano un muro sul loro percorso? Nessun problema: lo usano per costruirci una parete di casa!
Non sto scherzando; mai come nella comunità poliamorosa ho visto persone trasformare gli ostacoli in risorse.

Ad esempio, il compagno gay della mia mitica J (con cui cerca di formare una famiglia senza averci un coinvolgimento sessuale) dà segnali di tentennamento sulle loro scelte di vita; e lei che fa? Si mette in testa di aiutarlo a trovare un compagno! Così lui ottiene le conferme che gli servono sul suo orientamento sessuale, e magari pure lei riesce a rimorchiare qualche etero (furba eh?!)
La mia amica G è attualmente senza lavoro, senza relazioni in essere, e assai poli-teorica (ma con il dubbio esistenziale di essere troppo pipposa per il poliamore più pratico). E puff! Di colpo l’essere non-occupata e piena di conoscenze teoriche e cervellotiche sull’argomento è diventata la sua risorsa migliore, dato che al momento è l’unica traduttrice italiana della “bibbia” poliamorosa (vi dice nulla “the ethical slut”?).
Per non parlare della mia cara A, che frequenta un uomo sposato e molto spaventato all’idea di rivelare alla coniuge la sua voglia di poliamore. Lei che si mette in testa? Di rimorchiargli la moglie! In modo tale da far aprire lei, ad una nuova relazione... per poi aiutarli a comunicarsi i reciproci desideri.
:)
Il potere di trasformare qualcosa di potenzialmente negativo, in una cosa incredibile.

Potrei farvi mille altri esempi.
Comunità un po’ in crisi che invece che “tagliare” risorse investono tempo ed energie in corsi di comunicazione non violenta, per rinsaldare gli animi e imparare qualcosa di nuovo (e sempre assai utile).
Metamori che usano lo stimolo della gelosia reciproca per conoscersi meglio e avviare nuove amicizie.
Relazioni a distanza che si inventano nuove forme comunicative e amorose per restare ancora più unite di prima.
Insomma, la mente dei poli sembra davvero funzionare al contrario. Quando la “normalità” sarebbe chiedersi “come posso evitare di affrontare questa difficoltà?”, il loro cervello invece dice “mmm, aspetta aspetta che mò trovo la parte fica di tutto ciò!”
Non saprei dire se le persone con questa capacità si sono date alle relazioni multiple per sfruttare meglio la loro abilità, o se è proprio l’essere poli a incentivare quest’approccio costruttivo.
Ma comunque sia, bene così! 
Perché se ci si arrende al primo ostacolo… te li auguro i partner multipli!!! :P
 
C’è una tiritera in ambito poli che si potrebbe quasi definire un mantra: lone wolf, fixed position, rotating pair, tribal. Sto delirando? Quasi.
A volte questi termini mi hanno fatto proprio uscire di testa. Perché spesso non vengono presi per etichette di modalità relazionali, bensì per etichette identitarie.
Eccovi la dimostrazione tipo, farcita dei più comuni stereotipi poliamorosi!

Lone wolf
La formula alchemica per evocarlo è       io = a posto così, grazie.

Sarà che fa molto figo, ma quasi tutti e tutte ci si definiscono. Immaginate un lupo solitario bello e dannato, che vive da solo in mezzo alle nevi perenni e non ha bisogno di niente e di nessuno. Eccovi il lone wolf. Anche se tendono ad avere progetti di vita basati solo su di sé, si dice possano apprezzare anche la compagnia altrui, durante i loro percorsi di vita.

Fixed position
La formula sulla loro lavagnetta in cucina è       io + tu = ménage perfetto.

Il concetto di base può più o meno essere spiegato così: possiamo aprirci ad altre persone, rotolare in mezzo a partner e metamori, darci pure alle orge. Ma alla fine la vera coppia siamo noi, e solo noi.
È un ménage perfettamente resistente agli urti, e allo stesso tempo assai urticante per molti partner secondari. Ma spesso si rivela una forma relazionale solida e durevole nel tempo.

Rotating pair
La formula matematica per eccellenza è        A+B=AB;   A+C=AC;   A+D=AD

Declinabile in tutte le forme e in tutte le posizioni, la coppia rotante prevede che si possa stare perfettamente in due… anche con più partner! Dipende solo quale c’hai sotto mano al momento.
B, C e D sono tutt* e tre in relazione con te? Benone: quando sei con B formi una coppia perfetta e completa, quando sei con C pure, e con D lo stesso.

Tribal
La formula di nonna papera è          felicità = aggiungi un posto a tavola che c’è un amico in più!

Gli esseri tribali tendono a formare una famiglia unita e coesa che condivide molte cose, a volte tutte. Pur essendoci varie coppie o triadi al loro interno, si percepiscono prima di tutto come un branco, e quindi un unico organismo con bisogni e desideri da mediare costantemente. Avete in mente un’idra con 10 teste? Ecco.


Eppure… queste sono solo modalità. Non caratteristiche. Ovvero: non dicono “chi sei”, ma come ti relazioni in quel dato momento con quelle date persone.

Io ad esempio sono molto socievole, faccio amicizia in fretta, e di solito sono abbastanza calorosa. Tendo anche a radunare i miei affetti sotto lo stesso tetto, e quindi mi definisco una vera “tribale”. Eppure… posso assicurarvi che a parte due persone al mondo non condividerei casa con nessun altro! Amici finché vuoi, serate insieme a volontà (o quasi); ma poi ho bisogno che tu te ne vada da casa mia. Se invece ci resti per qualche giorno, dopo possibilmente non ti vedrò per un mese o due.

Dami invece è difficile che si apra con qualcuno, e di solito è percepito come l’orso per eccellenza. Eppure… è un tribal assoluto, che adora i gruppi uniti e funzionanti, e le riunioni di famiglia. Ma è timido! Quindi basta non entrare nel suo spazio fisico più intimo, e non forzarlo a parlare quando non vuole, e vedrete che si gusterà il calore di tutta la tribù felice come neppure un bambino a Natale.

La mia cara amica J, invece, vive davvero come una lone wolf fatta e finita. È autonoma quanto un missile terra-aria con obiettivo di distruzione integrato, e non chiede aiuto neppure a portare le borse della spesa (ma glielo sto insegnando). Eppure… sogna di formare una famiglia dove i bambini hanno tanti genitori che si amano e cooperano per la loro educazione, e come se non bastasse adora radunare il suo gruppetto di amici più cari a casa sua per le colazioni domenicali.

Cosa ne ricavo, quindi, da queste etichette?

Che come tutte le etichette si possono incollare, spostare, riattaccare o cestinare. 
Sono utilissime per creare un linguaggio comune e chiarire certe situazioni, ma servono solo a parlare di noi... non a essere noi!





Nota: i termini utilizzati in questo post (ovvero lone wolf, fixed position, rotating pair e tribal) sono stati adottati da Reid Mihalko; per approfondimenti ecco il suo sito www.reidaboutsex.com!
 
È essenziale parlare delle proprie esigenze in una relazione, e anche fare chiarezza su ciò che per noi è importante e ci serve per stare bene. Su questo non ci piove.
In ambiente poli, dove le relazioni possono essere molteplici e gli stimoli tantissimi, è basilare comunicare in modo onesto i propri bisogni, le nostre difficoltà e le aspettative che abbiamo da certe situazioni. Per questo capita spesso di confrontarsi anche per ore, negoziando compromessi e mediazioni.
Insomma, se l’obiettivo è star bene tutt*, ma i bisogni sono diversi… c’è da lavorare! E a volte il lavoro è febbrile: sia che comporti pacate e razionalissime discussioni effettuate su schemi e sondaggi, sia che sfoci in liti con lancio di piatti, scenate e ultimatum.

Una cosa, però, che la mia amica E. mi ha insegnato con la sua diretta esperienza, è che alcune cose passano. 
Passano non solo nel senso che le attraversiamo e poi un bel giorno finiscono; ma anche che passano dentro di noi e si sedimentano, lavorano, trasformano, generano evoluzioni. E a volte serve solo del tempo per sperimentarle, prima di partire in quarta con mediazioni, compromessi o crisi esistenziali (e a volte passano anche nonostante tutto ciò!)
Lei ad esempio era sul serio una monogama convinta, e ha visto proprio i sorci verdi quando il suo ragazzo si è “dato” al poliamore. Ma ha preferito la terapia urto: si è messa in discussione e ha provato a vedere se ciò che in quel momento era un ostacolo non potesse diventare altro, sperimentando. E la cosa ha dato molti frutti a suo parere, tutti positivissimi.
Ammetto che quest’approccio è davvero moooolto urto! E non per tutt* è l’ideale. Ma mi ha fatto riflettere.
Effettivamente, quando mi guardo indietro noto quanti aspetti di me sono cambiati. Cose che inizialmente mi davano fastidio, poi ho imparato ad apprezzarle; certe mie insicurezze che credevo insormontabili si sono sciolte come burro al sole, davanti all’esigenze di chi amavo; e anche gli aspetti che più mi ferivano di certi comportamenti, ora non mi toccano più. Anzi, ciò che un tempo ritenevo dannoso per me, ora spesso è ben accetto.
Ad esempio per me il fattore indipendenza era un problema nelle storie d’amore. Partner troppo appiccicosi non li ho mai desiderati, e quasi inconsciamente me li son sempre cercati abbastanza sfuggenti, forse proprio per imparare ad amare anche senza “fusionalità”. E se all’inizio il forte lato indipendente di Fede e di Dami mi faceva stare male, ora non posso che pensare che sia stata una gran fortuna averlo vissuto! Mi ha permesso di crescere moltissimo, e scoprire lati di me ed esigenze che neppure immaginavo.

Mi rendo conto che se la prima cosa che il poliamore mi ha insegnato è che i propri bisogni vanno difesi, la seconda di certo è stata che prima di difendere i propri limiti si può cercare di superarli. Può causare dolore, o comportare fatica, fastidio, sforzo. Ma certe cose “passano”; passano sopra e passano addosso. A volte facendo un gran baccano, e rivoluzionando tutto. Altre volte lavorano da sole, in silenzio, con calma; e scopri i risultati dopo tempo, quasi come se ricevessi un regalo.
Comunque esse passino, il fatto che lascino un segno e ti permettano di andare avanti più arricchit* mi dà un’incredibile speranza per tutto.
 
La cosa più difficile quando una storia finisce? Dirlo agli altri. 

All'inizio era catartico. Pur essendo una decisione presa con rispetto e affetto reciproco, è stata dolorosa, ci mancherebbe. E parlarne aiuta: ti fa mettere a fuoco le cose, capisci sempre meglio le motivazioni dell'altro, e anche le tue reazioni. Insomma, un toccasana! Specie perché le prime persone a cui lo racconti di solito sono quelle a te più vicine, e quindi quelle con cui ti apri più facilmente.
Poi arriva il parentado, le conoscenze, gli amici e le amiche che non senti da un po'... e il tutto diventa un pochino pesante: sono finita a rispiegare l'intera storia da capo ogni volta; ho cercato di stare molto attenta a non dire troppo, ma neppure a mentire; ho tentato di spiegare bene le ragioni di Fede, ma senza finire a parlare per lui. Ad un certo punto ho quasi supplicato Fede per una festa di separazione. Ma sì! Qualcosa di allegro, informale; becchiamo tutt* in una volta sola e si crea un bello shock collettivo. E non ci si pensa più. 
L'idea è stata bocciata sia da lui che da Dami, peccato. Secondo me era geniale.

Ad ogni modo, nel mio lento e catartico lavoro di informazione, ho notato alcune reazioni ricorrenti:

-la mia famiglia si è preoccupata a morte per Fede, che è stato sommerso di coccole, cioccolatini e abbracci che neppure al nostro matrimonio! La cosa ha imbarazzato lui e reso felice me :) Sì, sono molto fiera di tutti i miei familiari (ma anche amici) che gli hanno rivolto parole di sostegno e affetto. Ok, è stato lui a mollare me; ma questo non significa per forza che sia stato facile. Inoltre lo considero anche un gesto di rispetto nei miei confronti: se ho amato così tanto una persona, spero che la mia famiglia gli riconosca lo stesso valore che gli riconosco io e gli voglia altrettanto bene. In qualsiasi circostanza.

-mia nonna - donna unica, lo riconosco - si è incazzata nera con me. "Sei sicura di non aver fatto preferenze tra Fede e Dami? Hai fatto le cose "ammodo"? Sei stata sempre corretta e leale con tutti e due?" La paladina 70enne delle pari opportunità delle triadi mi ha fatto un vero e proprio terzo grado, cercando di capire dove io avessi sbagliato. Non so ancora se abbia accettato l'idea che a volte, pur lasciandosi, "un* colpevole" non c'è. Ma forse questo è un concetto ostico, per una donna che è arrivata alle nozze d'oro. (Notare come invece la triade sia andata giù molto più liscia, come notizia da digerire! Santa nonna, l'adoro!)

-alcuni amici e amiche poli-frendly si sono rivelati dispiaciutissim* (alcun* davvero disperat*), e la cosa mi ha fatto sia tenerezza che stranezza. L'affetto e il sostegno che ho ricevuto da molt* di loro è stato un balsamo, sulle mie ferite doloranti; ma allo stesso tempo mi sono stupita di vedere quanto, anche nel mondo poli, la fine di una relazione sia spesso sinonimo di tragedia. Sarebbe bello se ci si potesse lasciare lo stesso con "amore", non trovate? :)

-nessuna sorpresa dai poli-scettici e scettiche, invece. Che con una pacca sulle spalle (e a volte manco quella) biascicavano un "mi dispiace" seguito da un assai laconico "però non mi stupisce". Ovvio. Se ci si lascia dopo ben 11 anni, in un rapporto "normale", sei già un esempio di fulgide virtù matrimoniali per il mondo intero. Ma se lo si fa quando si è "atipici"... era tutto sbagliato fin dall'inizio :P

-la vera rivelazione mi è arrivata da una conoscente iper-cattolica. Personalmente conosco tanta gente credente, e pur essendo agnostica ho ottimi rapporti con tutti loro. Ma questa persona in particolare mi ha prospettato una sorta di "giustizia", nell'essere mollata. Perché ovviamente ero io a costringere un povero, piccolo uomo disarmato a stare in un peccaminoso rapporto a tre, in cui l'amore non c'entrava un tubo. Quindi non potevo soffrirci, né lamentarmi. Insomma, quasi una seconda "Eva" moderna: che al posto della mela, offre poliamore e caramelle. Yuk Yuk! Che figata! :D

E voi? Come informate "la gente" delle vostre novità sentimentali? Avete notato reazioni simili alle mie o tutt'altri scenari? :)
 
La mia triade si è trasformata in una diade, e a tutto avrei pensato, meno che Fede ci aiutasse col trasloco. Ok lasciarci bene, ok restare amici. Ma per raccattare le mie cose faccio da me, grazie. Al massimo suono la campana di poli-soccorso e organizzo un meeting di tutti i miei partner, metamori e amici per darmi una mano.
Ma a caval donato non si guarda in bocca, giusto?
In questa torrida estate non c'era un'orda di amici e parenti pronta a darmi un aiuto per il trasloco, e soprattutto non avevo voglia di parlare della mia separazione. Quindi, chi meglio di Fede per questo "sporco" lavoro?
Col senno di poi, devo dire che è stata un'ottima cosa. Vederlo all'opera per restituirmi vestiti e oggetti personali mi ha aiutato a realizzare che sì, è vero per davvero: ci stiamo lasciando. L'ultima cosa che voglio è cullarmi in dolci illusioni. E poi sapere che su di lui potevo contare come amico e sostegno è stato decisivo. Della serie: ci lasciamo sì, ma come coppia; l'uno per l'altra ci saremo sempre. Un altro bell'aspetto positivo.
Qualche volta vederlo mi ha causato abbuffate nervose di muffin al cioccolato; altre volte mi ha portato a fare pianti fluviali appena chiudeva la porta, e Dami mi doveva portare i fazzoletti in gondola. Ma il più delle volte lo inondavo di domande della serie "hai mangiato? ti vedo sciupato... vuoi un piatto di pasta?"; e anche se all'inizio scappava via più confuso di me, chiedendosi quale fosse il galateo tra ex, pian piano siamo passati dal semplice ciao al ciao con sorriso, poi all'abbraccio, e ora si prende il the coi pasticcini quando passa di qua.
Forse il segreto per affrontare le situazioni nuove è solo fare pratica il più velocemente possibile... e di certo essere senza macchina e avere tutti i propri vestiti a 20 km di distanza favorisce la cosa!    :P 
 
Quando ho saputo che mio marito voleva separarsi, dopo oltre 10 anni di vita insieme, ho attraversato molte fasi.
Inizialmente il fulmine mi è cascato sulla testa a ciel sereno. Non avevo sentori che qualcosa non andasse, e fino al mese prima ci definivamo felici e fortunati ad averci l'un l'altra. Ma qualcosa era effettivamente cambiato, in quelle ultime settimane. E anche se notavo che i suoi nuovi bisogni lo allontanavano da me, pensavo che avrei avuto la stessa fortuna di questi ultimi 10 anni, cioè riuscire ad evolvere insieme.
Eppure, quando mi ha dato la notizia, insieme allo shock ho provato gratitudine. Gratitudine per non avermi mentito, per non avermi illusa, per non aver trascinato un rapporto che - con orgoglio - posso definire rispettoso fino all’ultimo. Non riesco ad immaginare quanto coraggio e quanta forza gli ci sia voluta, per dirmelo.
Per come la vedo io, chiudere un matrimonio è un po’ come seppellire qualcuno: si dice addio a lui, e a tutto ciò che gli apparteneva; si assiste al suo funerale elogiandone i ricordi belli e, stringendoci a chi vogliamo bene, cerchiamo di sopportare il dolore, sapendo che comunque resta il ricordo e che la vita va avanti. Io mi sono sentita così. E poter tenere per mano Fede, mentre seppellivamo gli ultimi resti della nostra vita insieme, è stato il balsamo sulla ferita. È stato ciò che mi ha ricordato che l’amore può evolvere e trasformarsi, e non è una colpa smettere di amare. Ma solo un segnale che si è vivi, e si cambia; e frenare l’evoluzione di qualcuno, per me, significherebbe non averlo mai amato, ma solo posseduto.
Nel nostro patto d’amore c’era la libertà e l’onestà al primo posto. E per quanto mi riguarda, lui l’ha onorato fino all’ultimo.

In tutto questo esplodere di lacrime, abbracci, dolore, ma anche sostegno reciproco e buoni sentimenti, io e Fede non avevamo pensato a una cosa… Dami.
Eh sì, in ogni famiglia vige la regola “siamo tutti interdipendenti”; ciò che due elementi fanno, ricade anche sugli altri. E noi ci stavamo dimenticando di una persona importante, nel nostro processo di accettazione e superamento del dolore.
Dami non era di certo sposato con Fede, però “la separazione” l’ha dovuta subire anche lui. Nuova casa, nuovi ritmi, nuovo setting familiare… siamo io&te, Fede non c’è più. Cosa accadrà? Dopotutto, forse una separazione la vivo meglio io. A livello sociale ho diritto di piangere, di essere stressata, di provare anche rabbia, di tanto in tanto, nei confronti del mio ex. Ma il fidanzato dell’ex moglie… che diritti ha? In pochi gli hanno chiesto “come stai?”, e in un numero ancora inferiore l’hanno abbracciato dicendogli “mi dispiace”. Eppure il matrimonio era anche il suo, la vita insieme era anche sua, la casa dove viveva era sua. E quando tutto questo di colpo finisce? Chi le asciuga le lacrime del fidanzato della “scaricata”? Quello che silenziosamente ha osservato le ultime settimane di vita di un rapporto in rottura, e si trova combattuto tra due affetti e due ragioni?
Per fortuna nel nostro caso nessuno ha fatto la guerra a nessuno. Fede e Dami sono rimasti amici anche mentre io attraversavo le fasi più negative, e non nego che è stato anche grazie a questo che ho superato meglio tutto quanto.
Mi accorgo solo ora che il patto di coppia, in realtà, era un patto di famiglia. Anche Dami, quanto noi, ha mantenuto la sua promessa di voler sempre, come prima cosa, il meglio per tutti e la libertà di ciascuno. Siamo tutti e tre uniti anche ora, ora che non siamo più insieme. Ecco la vera magia dell’amore.

 
Avere tant* partner... che bello!!!
Hai un sacco di stimoli, non ti annoi mai, ogni lato di te può trovare pieno accoglimento, e avrai sempre qualcuno che apprezza ciò tutti gli altri trovano obbrobrioso (con Dami vedo i film trash degli anni '80 e con P mangio le mozzarelle in carrozza alle 3 di notte). Ma soprattutto: hai sempre un programma. Ecco, questa forse è la cosa che avevo calcolato meno di tutta la faccenda. Io ho sempre un programma... ma anche gli altri ce l'hanno!
Certo, nei miei anni di isoletta felice con Fede e Dami non me l'ero mai posto questo problema: di solito se uno dei tre era impegnato per i fatti suoi, gli altri due si tenevano compagnia. Semplice, no? 
Ma ora che frequento anche altre persone, e pure Fede frequenta altre persone, e le persone che frequentiamo frequentano a loro volta altre persone... bè, come dire: è un gran casino! Occorre organizzazione, sincronia, comunicazione perfetta, e un'abilità a tetris degna di un ninja per poter sopravvivere all'agenda poli
Una volta ho tentato un google calendar con Fede e una sua ragazza; credo non condividerò mai più un calendario con anima viva. Innanzitutto l'idea di mettere per iscritto i propri programmi rischia di creare una specie di "corsa all'oro", ovvero occupare preventivamente tutti i weekend migliori, perché "non si sa mai". Secondariamente, rischia di creare degli infarti: "domenica h 15.30 --> parapendio x 2". A volte ti mancano dei pezzi, e magari non sai che il partner della partner di un tuo partner (come si chiamano, a proposito? metamori di secondo grado? mah!) è istruttore di volo, e quindi non è tuo marito a buttarsi. Ok, molto bene.
Per non parlare di quell* che nelle agende condivise ti mettono anche "maratona di sesso", della serie: quel giorno non osare neppure telefonarci che ci disturbi, chiaro?
Insomma, a volte sapere troppo è un bell'impiccio. Ma anche non avere uno straccio di programmazione è dura! Specie con i partner lontani, che vivono in altre città e che richiedono biglietti del treno-ospitalità-organizzazione. Con una mia frequentazione ho passato quasi tre mesi a vivisezionare i weekend per cercare un bucanino in cui infilarmi; ma il suo planning era serrato: un weekend con una partner, uno con un'altra, uno passato a lavorare, in altro serata con amici e nuovo appuntamento, uno con la famiglia, e uno da solo per riposarsi. Senza che te ne accorgi passa un mese e mezzo, e poi la rumba giustamente ricomincia.
Come destreggiarsi allora? Per ora l'unica soluzione che ho trovato è tanta pazienza, molta comunicazione e - nei casi peggiori - sfoltire un po' di relazioni! So che sembra brutale, ma io la vedo così. Che senso ha stare con 5 partner, se poi li vedi una volta l'anno? Certo, se il livello desiderato di approfondimento della relazione si accontenta di un ritmo del genere... perfetto. Per i miei gusti, meglio pochi ma... spesso!
 
Se c'è una cosa che le famiglie numerose sanno, è quanto sia importante il riciclo!
Dall'alba dei tempi fratelli e sorelle minori ereditano i vestiti ancora decenti di quell* maggior*, mamme e papà finiscono di mangiare le pappe avanzate dai loro piccoli, e le ragazze sfruttano il rasoio del fidanzato per radersi i peli all'ultimo momento. Riciclo! Puro e semplice. C'è qualcosa che tu non usi più o non hai finito di usare? Ci pensa un altro. E in questo modo nulla va sprecato.
Possiamo vedere in questo comportamento un interesse verso il pianeta, o la fissazione per non buttare via nulla; a me piace pensare che soprattutto favorisca la cooperazione. Sì, perché riciclare non comporta solo il prendere un oggetto e darlo a qualcuno/a, ma anche trovare la persona giusta! Bisogna conoscere i bisogni altrui, tenersi aggiornati, e comunicare un sacco. Mica roba da poco!
Per quello a casa mia c'è sempre un gran vociare :P

Vivere "in tanti" può sembrare caotico ad alcun*, e magari trasmette l'idea che nessuno abbia mai i propri spazi o le proprie cose tutte per sé. Dal mio punto di vista, invece, essere in tanti significa avere il doppio (o triplo) dell'aiuto, dei beni comuni, e delle possibilità di scambio.
Ma si sa: le riciclone come me di solito sono inguaribili ottimiste!
 
Non avevo mai pensato consciamente a quale fosse il metodo decisionale di casa.
Negli anni io e i miei compagni abbiamo affinato una tecnica tutta nostra per arrivare ai compromessi e alle scelte più ardue (cosa facciamo stasera? che film andiamo a vedere? broccoli o spinaci?).
Spesso abbiamo la fortuna di trovarci d'accordo sulla maggior parte delle questioni ma, in caso di preferenze diverse, attuiamo di default un misto di dialogo-negoziazione-voto esplicito.
Fin'ora ha funzionato benino... diciamo che nessuno ha mai tolto il saluto agli altri per una scelta di tovaglia sbagliata (anche se Dami ci è andato molto vicino). 
Questioni lavorative però mi hanno portata a riflettere meglio su questo grande dilemma: metodo della maggioranza o del consenso? Facciamo come al Parlamento, o come all'ONU?
Entrambi presentano lati positivi e negativi.
La votazione per alzata di mano è rapida e precisa, non ammette repliche ed è perfetta nei casi di emergenza (ad esempio: siamo all'ikea da 36 ore, scegliamo il colore di sta cazzo di tovaglia prima di morire per vecchiaia, vi prego!). Se la questione in gioco non è troppo importante non ci sono danni... di solito. Ma quando si prendono decisioni "calde" si rischia di vedere un 2 contro 1 molto poco sportivo. Come nel nostro Parlamento, si rischia di creare alleanze schiaccianti e poco flessibili verso lo schieramento più debole. E anche se il tutto è avvenuto senza accordi e compravendite di voti, la persona in minoranza rischia di percepire il suo parere come poco importante e se ha un carattere orgoglioso è la fine. 
(Inutile dirvi che quella tovaglia ha visto la luce solo dopo luuuuuunghissime trattative di pace e scuse rivolte a Dami per il nostro atto di "forza" sul suo buon gusto).
La ricerca di un consenso unanime e perfetto è però il sogno auspicato nella maggior parte delle discussioni. L'inghippo sta tutto in questo ragionamento diabolico: se vi spiego con calma e serenità il mio punto di vista (il migliore, ovvio) sono certa che magicamente vi troverete d'accordo con me, e prendere la decisione sarà facilissimo. Peccato che anche gli altri spesso ragionino allo stesso modo!   :D
Con lunghi confronti, una buona dose di diplomazia e la capacità di venirsi incontro, il metodo del consenso permette di negoziare le soluzioni migliori, con buona pace di tutti. Ma nelle questioni spinose si rischia di cadere - come all'ONU - in eterne diatribe che sfociano in un vicolo cieco, quando si tira fuori il diritto di veto e si blocca ogni trattativa.
Quindi?
Credo che, come sempre, la soluzione stia nel mezzo. 
Per le "regole di casa", ad esempio, abbiamo cercato il consenso unanime di tutti e tre, perché è importante convivere in libertà e pieno rispetto delle proprie esigenze. Ma per fare cose "necessarie" che a volte detestiamo (spese, lavatrici, tagliare il prato, chiamare la suocera, ecc), pensiamo che la maggioranza vada benissimo! Chi non ha la mente offuscata dalla pigrizia vota contro i poltroni... anche se di solito arriviamo con la casa sommersa dalla polvere, prima di avere almeno due voti favorevoli a pulire! Ma dove possiamo contrattare in modo creativo, ci sbizzarriamo. 
Non siamo d'accordo su quale film vedere? Bene: uno sceglie il genere, il secondo sceglie tre titoli di quel genere, e il terzo sceglie il film tra i tre titoli proposti. Oppure: nessuno vuole cucinare? Si ordina una pizza! (ok, questa era facile)

Insomma, c'è davvero un metodo migliore dell'altro? Forse no, e tutto sommato credo sia vero il detto alleniano "basta che funzioni" (e - aggiungo io - basta che non si creino troppi "musi"!)

A poly education